Ninja Baby
Yngvild Sve Flikke
Norvegia
Rakel ha 22 anni, vive a Olso con l'amica Ingrid, ha talento per il disegno ma ha mollato la scuola di design. La sera ama divertirsi, tra alcol, droga e sesso occasionale. Sentendosi fisicamente strana, fa un test di gravidanza e scopre con orrore di essere incinta. Convinta che il padre sia l'istruttore di aikido Mos, Rakel si fa accompagnare da lui alla clinica per abortire, ma qui ha un'altra sorpresa: è incinta di sei mesi e mezzo, e nessuno può autorizzare l'aborto...
con Kristine Kujath Thorp, Arthur Berning, Nader Khademi, Tora Christine Dietrichson
7€; ridotto 5.50€
Versione originale con sottotitoli in italiano
Commedia sentimentale con inserti d'animazione e racconto generazionale, il film di Yngvild Sve Flikke procede con un ritmo incalzate e nervoso, simile alla sua protagonista piena di vitalità ed energia, ragazza a cui piace fare la dura, come le dice l'uomo che potrebbe amarla, ma abbastanza umana da ammettere di avere paura. Il cuore del film è proprio la personalità di Rakel, a cui l'attrice Kristine Kujath Thorp offre la sua bellezza originale, un'aria trasandata e una personalità fuori controllo, a volte sopra le righe, altre volte succube degli eventi, altre ancora troppo aggressiva.
Rakel eccede in ogni cosa che fa, nel sesso, nel bere, nella leggerezza con cui affronta le cose e cambia compagni di letto. I disegni che realizza e che animano lo schermo (a cominciare dal tratto a carboncino della creatura che porta in grembo, immaginata come un feto con benda sugli occhi, un po' ladro e un po' amico fedele) sbordano le inquadrature, le aprono a una dimensione immaginata e immaginaria che funziona da controcanto alla commedia. La tragedia, invece, resta fuoricampo, nel retroterra familiare non specificato della protagonista, nelle paure che la attanagliano e sembrano venire da lontano; in una disperazione silenziosa che va a braccetto con una voglia di vivere disordinata.
Ninjababy è un film figlio dei nostri tempi: racconta la storia più vecchia del mondo - quella di una ragazza vittima di sé stessa e delle regole di una società inevitabilmente maschilista - senza pietismi, commentando gli eventi "a lato", con ironia e sarcasmo, frullando romanticismo e grottesco, volgarità e turpiloquio.
Recensione di Roberto Manassero