Hava, Maryam, Ayesha
Sahraa Karimi
Afganistan
Tre donne afgane si trovano di fronte a dei problemi da risolvere legati alla loro condizione femminile. Hava è incinta e vive con i suoceri e con un marito che non le riserva alcuna attenzione. Maryam è una giornalista televisiva che è stata tradita più volte dal marito che ha lasciato per poi scoprire di essere incinta. Ayesha è una diciottenne che attende un figlio da un ragazzo che alla notizia l'ha lasciata e ora deve sposare un cugino il quale non deve sapere nulla.
con Arezoo Ariapoor, Fereshta Afshar, Hasiba Ebrahimi
Ingresso unico 5€
Proiezione organizzata in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.
L'incontro rientra nel progetto "Cercando la libertà. Storie di diritti negati: le pratiche della resistenza delle donne dall’Afghanistan all’Europa" promosso dall'ufficio Pari Opportunità del Comune di Reggio Emilia in collaborazione con Iniziativa Laica, Associazione Casa d'Altri e Associazione Nondasola.
Versione originale con sottotitoli in italiano
Sahraa Karimi, prima donna a presiedere l'Afghan Film, conosce bene la storia della condizione femminile in Afghanistan e sa come focalizzarne le problematiche più inquietanti.
Ad uno sguardo superficiale si potrebbe ritenere di trovarsi di fronte a tre cortometraggi che avrebbero potuto tranquillamente seguire un loro percorso separato. Lo spettatore avrà modo di comprendere che non è così. Perché ciò che la regista vuole portare alla luce è che non sono le differenze di condizione sociale (anche se hanno una loro incidenza) a creare uno stato di sudditanza per le donne afgane ma una consuetudine atavica che, anche in assenza dell'oppressione talebana, fa sì che gli uomini si ritengano detentori di diritti indiscutibili.
Che si viva in campagna costrette a pulire la sputacchiera del suocero e a servire un marito che ha attenzioni solo per i propri amici o si esca da uno studio televisivo potendo godere di una buona posizione economica poco importa se chi si comporta da libertino è convinto che basti mandare un mazzo di fiori per ottenere il perdono.
Karimi ha però la consapevolezza della possibilità di un pericoloso manicheismo e allora introduce, in un film che si libera anche dell'inveterato tabù delle capigliature femminili, la figura del cugino che Ayesha deve sposare. Il ragazzo è assolutamente consapevole della assurdità dell'imposizione e ne parla con lei la quale, al contempo, deve procurarsi un aborto (e non solo) perché un altro essere umano appartenente al genere maschile l'ha abbandonata.
Recensione di Giancarlo Zappoli