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Sono Yusra e Sarah MardiniAlganesh Fessaha e Maria Bertolini Fioroni le prime quattro Giuste a essere ricordate nel Giardino dei Giusti di Reggio Emilia, che sarà presentato al parco Santa Maria – quartiere Santa Croce interno-zona di via Roma – domani, sabato 16 marzo, alle ore 15.

A tenerne viva la memoria sarà “Artboreto”, un’installazione artistica realizzata dai tre artisti Antonella De Nisco, Fabio Iemmi e Oscar Accorsi , composta da opere ispirate ai temi della natura che saranno “piantumate” nel parco.

Il 6 marzo in Sala del Tricolore – in occasione della Giornata europea dei Giusti - è stato presentato il progetto di istituzione e realizzazione del Giardino davanti a circa cinquanta bambini e bambine delle scuole primarie Bergonzi (classe 4C) e Canossini di Villa Sesso (classe 5C) e dell’oratorio di Castellazzo. A seguire è stata proiettata la testimonianza video di Gabriele Nissim, presidente dell’associazione l’associazione Gariwo (Gardens of the Righteous Worldwide), onlus con sede a Milano, che proprio nel capoluogo lombardo ha inaugurato nel 2003 – sull’esempio dello Yad Vashem di Gerusalemme - il Giardino dei Giusti di tutto il mondo.

Le figure delle quattro giuste sono state invece presentate da Viviana Saccani di Istoreco, Maria Grazia Medici di associazione Aperta...Mente e Federica Trimarchi di Fondazione Mondinsieme.

Le biografie

Sono quattro donne le prime figure di cui il Giardino dei Giusti di Reggio Emilia manterrà viva la memoria: persone che nella loro vita si sono distinte per aver salvato vite umane e difeso la dignità della persona, assumendosi una responsabilità e mettendo a repentaglio la loro vita.

Yusra e Sarah Mardini sono due sorelle atlete e attiviste siriane per il diritto dei rifugiati ad avere accesso a una sistemazione sicura, all’istruzione, a mezzi di sussistenza e a opportunità di formazione. Nell’agosto del 2015 erano in fuga dalla Siria verso la Turchia su un gommone, quando questo iniziò a imbarcare acqua e si fermò nel mezzo del mar Egeo. Uniche a saper nuotare, si tuffarono in mare e iniziarono a spingere la barca restando in acqua per tre ore e mezza, di notte, cercando di dare una direzione al gommone, fino a che il motore finalmente riparte. Le sorelle riuscirono così a salvare tutti i naufraghi.

Dopo aver ottenuto lo status di rifugiata, Yusra è tornata a nuotare, e alle Olimpiadi di Rio del 2016 è stata una dei 9 atleti che sfilarono sotto la bandiera con i cinque cerchi, nella squadra dei rifugiati.

Alganesh Fessaha è medica e attivista italo-eritrea per i diritti umani e per la tutela delle persone vittime di tratta: è fondatrice e presidente della Ong Ghandi, nata nel 2003 dall’unione di un gruppo di medici, professori universitari e avvocati e rivolta al sostegno di bambini, adolescenti e donne attraverso progetti di assistenza in diversi Paesi africani, in Europa e in India. Il suo impegno è rivolto in particolare alle migliaia di persone che, in fuga dalla leva obbligatoria e dai lavori forzati del regime eritreo di Isaias Afewerki, diventano vittime del traffico di esseri umani. Grazie al suo impegno, è riuscita a salvare migliaia di persone grazie all’aiuto di uno sceicco salafita, Awwad Mohamed Ali Hassan, riuscendo a scarcerare, senza pagare alcun riscatto, migliaia di uomini.

Molto forte è anche il legame di Alganesh con l’isola di Lampedusa, dove è accorsa in più occasioni a seguito delle tragedie che hanno coinvolto i migranti.

Maria Bertolini Fioroni, animata da una profonda fede cristiana, in tempo di guerra ospitò numerosi fuggitivi di ogni credo politico: fascisti, partigiani feriti o affamati ed ebrei. Nacque a Giandeto di Casina, il 25 novembre 1900: dopo il conseguimento del diploma magistrale nel 1918, iniziò a insegnare in varie scuole elementari dell’Appennino Reggiano, tra cui quella di Costabona di Villa Minozzo. Qui conobbe e sposò Prospero Fioroni e si stabilì definitivamente. La sua opera educativa non si esaurì nelle sole ore di lezione diurne: Maria provvide infatti all’istituzione di un corso popolare e gratuito per adulti.

Nel corso della Seconda guerra mondiale, nel 1941, il marito morì sul fronte greco. Maria si trovò così a gestire la numerosa famiglia, composta da ben sei figli maschi, con il solo aiuto della già anziana suocera Dina. Gli ultimi due anni della guerra furono i più drammatici. La casa della maestra divenne ben presto un luogo strategico importante dal punto di vista militare, ed accolse un comando inglese che ne fece la propria base. Per tutti gli ufficiali inglesi, Maria divenne la “mamma italiana della casa sul monte”.

La presenza del comando inglese, nella casa della maestra Fioroni, fu resa possibile dal comandante del Battaglione Fiamme Verdi, Don Domenico Orlandini, "Carlo" che si era accreditato e accordato con l' 8ª Armata britannica a Bari, nell'autunno del 1943. Inoltre il figli maggiori della maestra Fioroni, Domenico, "Nino", del 1924, renitente alla leva della Repubblica sociale italiana (RSI), e Romolo, "Franco", del 1924, avevano aderito al movimento della Resistenza di Don Orlandini, contribuendo con le Brigate Garibaldi, a creare la Zona libera dell'Appennino reggiano della Repubblica partigiana di Montefiorino. Inoltre, la maestra Fioroni, nonostante il pericolo che correva, diede ospitalità e agì, di conseguenza, per salvare la famiglia ebrea del professore Lazzaro Padoa, sin dalla fine del novembre del 1943, quando i provvedimenti amministrativi della Repubblica Sociale Italiana (RSI) nei confronti degli ebrei, si fecero più stringenti, per chi li subiva e per chi, eventualmente, dava loro protezione. La famiglia Padoa abitava a Reggio, ma originaria di Scandiano. Per effetto delle leggi razziste del '38, era stata esclusa dai ruoli e dalle funzioni sociali, oltreché, privata di un dignitoso sostentamento. Il padre, Dante Padoa, ex direttore dell'ufficio ragioneria delle Regie Poste di Reggio Emilia, morì di infarto nella notte del 4 agosto 1944, durante il grande rastrellamento, condotto dai nazifascisti, sul territorio della Libera Repubblica di Montefiorino nell'ambito della 3^ Operazione Wallenstein. Il professore Lazzaro Padoa ebbe a definire la maestra Fioroni così: “Quella brava donna di Costabona, Maria Fioroni, non si è mai voltata dall’altra parte, non ha mai fatto compromessi dettati dal momento o dalle necessità. Una forza della natura. Acciaio temprato in un bagno di dolcezza”.  Maria Bertolini Fioroni si spense il 28 aprile 1987."

L'installazione artistica

“Artboreto” nasce nell’ambito di una residenza d’artista dell’associazione Via Roma Zero Aps, che ha visti coinvolti i tre artisti Antonella De Nisco, Fabio Iemmi e Oscar Accorsi. L’installazione – finanziata dal Comune di Reggio Emilia – si compone di tre opere che si ispirano alla natura e che dovranno essere piantumate, come se fossero alberi, secondo lo schema funzionale di un arboreto dalla geometria definita, filigrana simbolica che allude al lavoro dei campi, struttura astratta che dà forma visibile a tanta parte del paesaggio padano – spiegano gli artisti - Le distanze imposte dalla trama rendono netta la visione degli oggetti, permettendone la crescita, come esemplari vegetali, sia percettivamente sia simbolicamente, negli sguardi delle persone. Si guarda e ci si guarda riconoscendoci nella memoria comune delle persone cui gli “innesti” sono dedicati. Il paesaggio urbano si vena di natura-artificio, coltivazione, poesia e lavoro a non finire, senza bordi né perimetri. Lo schema d’impianto è continuo ed estendibile, senza fine, a tutti i lacerti di verde presenti nell’urbe in modo che possano essere invasi, con misura, dall’arte e dalla memoria, veri antidoti alla distrazione. Artboreto è un luogo in costruzione senza progetto, solo una traccia a terra che si lega alla terra. Artboreto si arricchirà di esemplari, di persone, di sguardi la cui disposizione seguirà la trama, senza gerarchie, senza un prima e un dopo, voci e immagini singole, tassonomia di segni, suoni, nomi distinti”.

Il progetto

L’impegno di realizzare a Reggio Emilia un Giardino dei Giusti inizia nel 2020, con l’approvazione all’unanimità di una mozione che si appoggiava a una petizione promossa dall’associazione culturale “Aperta...mente”. Nel documento si ricordava il valore educativo di questi luoghi di memoria: “I Giardini dei Giusti sono libri aperti che raccontano le storie dei Giusti. Sono spazi pubblici, luoghi di memoria ma anche di incontro e di dialogo, in cui organizzare iniziative rivolte a studenti e cittadini per mantenere vivi gli esempi dei Giusti non solo in occasione della dedica di nuovi alberi, ma durante tutto l’anno”.

Fin da subito l’associazione Gariwo è stata partner fondamentale del progetto, forte di un percorso iniziato nel 1999 – anno di fondazione dell’associazione – sui temi della memoria e della diffusione del messaggio dei Giusti in ogni parte del mondo.

Parte fondamentale della cordata, oltre al Consiglio comunale e l'associazione Aperta...mente, anche Mondinsieme, Istoreco e l’associazione ‘Via Roma 0’, che hanno dato vita al progetto con diversi contributi.

Nel Giardino dei Giusti vengono collocate una serie di targhe, a cui spesso è associato un albero, dedicate a figure che si sono fatte portatrici di un’azione di resistenza morale, uomini e donne che hanno dedicato la loro vita ai valori della libertà e della giustizia. La scelta del parco Santa Maria di Reggio Emilia, da questo punto di vista, non è casuale: al suo interno, infatti, nel febbraio 2021 la Questura di Reggio Emilia con il sostegno dell’Amministrazione comunale ha piantumato un albero di Liquidambar Styraciflua con una targa dedicati all’ex questore di Fiume Giovanni Palatucci in memoria del suo impegno per salvare membri della locale comunità ebraica. Per questo motivo, egli fu arrestato nel 1944 da militari tedeschi per poi essere deportato nel campo di concentramento di Dachau. Il parco si qualifica dunque come un luogo della memoria rappresentata, ma è al contempo luogo della memoria agita, grazie alle numerose iniziative che al suo interno vengono realizzate dal comitato di cittadini residenti in via Roma e da numerose associazioni reggiane grazie all’Accordo di cittadinanza siglato nell’ambito del Progetto Qua_quartiere bene comune.

Il Giardino dei Giusti

Il ruolo dei Giardini dei Giusti del network di Gariwo è quello di onorare le donne e gli uomini che di fronte a delle atrocità di massa si assumono una responsabilità personale per difendere la dignità umana e per venire in soccorso delle vittime. I Giardini hanno il compito di presentare all’opinione pubblica, come esempio di vita, coloro che, rischiando la loro vita, la loro carriera, le loro amicizie sono stati capaci di andare controcorrente e di preservare i valori umani di fronte a leggi ingiuste o all’indifferenza della società.

I Giardini sono come libri aperti che raccontano le storie dei Giusti: hanno il compito di presentare all’opinione pubblica gli esempi di quanti, mettendo a rischio la vita, la carriera, le amicizie, sono stati capaci di preservare i valori umani di fronte a leggi ingiuste o all’indifferenza della società.

I Giardini sono luoghi di memoria, ma anche di incontro e di dialogo, in cui organizzare iniziative rivolte a studenti e cittadini per mantenere vivi gli esempi dei Giusti non solo in occasione della dedica dei nuovi alberi, ma durante tutto l’anno.

Sull’esempio dello Yad Vashem di Gerusalemme, con l’obiettivo di onorare i Giusti di tutti i genocidi, nel 2003 è nato a Milano il Giardino dei Giusti nel parco del Monte Stella. Circa duecento Giardini sono poi sorti negli anni in Italia e nel mondo grazie alla passione di amministratori pubblici, associazioni, insegnanti, semplici cittadini.

Per questo è stato creato il Gariwo network, una rete pensata per connettere tutte le realtà impegnate nella diffusione del messaggio dei Giusti, con l’obiettivo di creare una rete sempre più ampia di soggetti ed esperienze che diano vita a sinergie sulla base di valori condivisi e di un comune orientamento sulle figure dei Giusti.

Chi sono i giusti

Il termine Giusto è tratto dal passo del Talmud che afferma “chi salva una vita salva il mondo intero” ed è stato applicato per la prima volta dallo Yad Vashem di Gerusalemme, in riferimento a coloro che hanno salvato gli ebrei durante la persecuzione nazista in Europa. Gariwo è nata con l’intento di estendere tale concetto dalla memoria della Shoah a quella di tutti i genocidi e crimini contro l’umanità.
I Giusti non sono né santi né eroi, ma persone comuni che a un certo punto della loro vita, di fronte a ingiustizie e persecuzioni, sono stati capaci di andare con coraggio in soccorso dei sofferenti e di interrompere così, con un atto inaspettato nel loro spazio di responsabilità, la catena del male.

Non esisterà mai una tipologia esaustiva degli uomini Giusti, perché nel corso della storia e in ogni contesto appaiono sempre figure nuove, capaci con la loro coscienza e la loro capacità di giudizio di anticipare il corso degli avvenimenti.

I Giusti salvano, accolgono, testimoniano, ed esprimono la propria umanità nel soccorso a un altro essere umano. Raccontare le loro storie è un modo per ricordare a ciascuno che ci si può sempre mettere in gioco e intervenire in difesa di un diritto fondamentale.

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Ultimo aggiornamento: 12-04-2024, 11:54