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Prosegue la costruzione del Centro di documentazione e ricerca storica dedicato ai fatti del 7 luglio 1960 a Reggio Emilia grazie al lavoro di due ricercatori impegnati nel progetto di ricerca storico-archivistica “7 luglio 1960: per non dimenticare”. I due studiosi, selezionati lo scorso marzo, hanno infatti avviato il percorso di raccolta, sintetizzazione e archiviazione dei tanti materiali disponibili sulle vicende avvenute nella nostra città nel luglio 1960, vicende che hanno segnato fortemente la vita di Reggio e l’immaginario e la cultura nazionali.
Obiettivo di questo lavoro - fortemente voluto da Comune di Reggio Emilia, Istoreco, Anpi e Cgil che hanno siglato a riguardo un Protocollo di intesa - è creare un presidio documentale per contrastare ogni tentativo di celare o minimizzare quanto avvenuto e il suo impatto storico, politico e sociale, e per permettere una conoscenza completa sulla vicenda alle generazioni future.
Fra le azioni, presentate nel corso di un incontro stamani nella sala rossa del Municipio, la creazione di un portale web dedicato, che riordina analiticamente e rende pubblici e consultabili da ricercatori, studenti e chiunque sia interessato, documenti, sentenze e altri atti giudiziari, giornali, scritti e messaggi politici, fotografie, filmati. I materiali vengono ordinati in diverse sezioni, quali Testimonianze, Audiovisivi, Archivio, Biografie, Cronologia, Memoria collettiva. Il portale, in fase di implementazione, sarà consultabile dal prossimo autunno.
Hanno detto
“Ogni anno la città è abituata a fermarsi in questa giornata con grande consapevolezza sui fatti drammatici del luglio 1960, per ricordare un momento in cui Reggio Emilia fu l’apice delle mobilitazioni legate alla nascita del governo Tambroni. Fu un momento in cui si chiedevano maggior libertà e maggior spazio per la democrazia, un momento che non abbiamo mai approcciato con spirito di rimozione, ma sul quale, al contrario, abbiamo sempre voluto riflettere e investire, come dimostra il progetto di ricerca che viene presentato oggi”, ha detto oggi il sindaco Luca Vecchi.
“Questo progetto era parte di un impegno preso per recuperare la documentazione di questi fatti, metterla a sistema e renderla fruibile alla città, agli studiosi e alle scuole. Un impegno che abbiamo preso anche con i familiari delle vittime e che ha portato alla costruzione di un progetto di ampio respiro, che consentirà di non trascurare nulla – ha spiegato Raffaella Curioni, assessora a Educazione e Conoscenza – Stiamo lavorando anche con l’Ufficio scolastico provinciale per tornare nelle scuole e raccontare questo percorso e i suoi esiti”.
Il consigliere della Regione Emilia-Romagna Federico Amico ha sottolineato fra l’altro che “Reggio Emilia non ha mai mancato di dedicare la giusta attenzione ai fatti del 7 luglio 1960. Oggi, grazie al lavoro delle istituzioni con Anpi e Camera del lavoro, questo progetto di ricerca è destinato a mantenere viva questa attenzione a più livelli e intrecciandosi opportunamente con il mondo della scuola. Tutto questo in piena sintonia con la legge regionale sulla Memoria, con particolare riferimento alla storia e alla memoria del Novecento, a tutela dei valori di conoscenza, identità e appartenenza socio-culturale della nostra comunità”.
Alla presentazione della ricerca sono intervenuti anche Massimo Storchi di Istoreco, coordinatore del progetto, e Greta Fedele, una dei due ricercatori incaricati.
Storchi ha sottolineato “l’importanza delle fonti storiche, sia sul piano della loro reperibilità e accessibilità, sia sul piano della loro affidabilità e fondatezza. Sono aspetti fondamentali e noti agli storici, ma ricoprono un’importanza fondamentale per tutta la comunità, soprattutto in questo periodo. La memoria deve poter essere ancorata ai fatti storici per quello che sono stati e al loro contesto” politico, sociale e culturale. In proposito, il rappresentante di Istoreco ha fra l’altro ricordato che “in quelle vicende del 1960, in un’Italia che si era lasciata alle spalle la guerra e la crisi, la società si incamminava sulla via del boom economico, di un benessere tuttavia non diffuso, ancora limitato a pochi e a cui gran parte della popolazione non aveva accesso: una ricchezza ‘differenziata’. E ci si incamminava nel contempo sulla via della difesa e della crescita concreta dei diritti: come le donne erano entrate da protagoniste nella storia italiana con la Resistenza, così in quel 1960 furono i giovani a esordire come soggetto politico e sociale nella nostra storia”.
Presentando i contenuti del nuovo portale e le attività di ricerca, Fedele ha reso noto che di recente sono stati resi consultabili atti giudiziari relativi ai fatti del 7 luglio 1960, “e questa buona notizia poiché sarà possibile un nuovo passo avanti nella conoscenza, oltre ad accrescere il nostro impegno in un importantissimo ulteriore capitolo di ricerca e divulgazione”.
Il senso e l'avanzamento del progetto
La scomparsa dei protagonisti e dei testimoni oculari della giornata del 7 luglio 1960 rischia di disperdere la possibilità di tramandare alle future generazioni il senso di quelle vicende e il loro significato. Da qui la necessità di recupero, accumulo, concentrazione dei materiali e catalogazione documentale e testimoniale, in un unico luogo-punto di riferimento comune, per continuare a sviluppare una memoria collettiva.
Il Centro di documentazione digitale, un portale web in pratica, diventerà quindi un archivio di conservazione e consultazione digitale che permetterà una facile fruizione dei contenuti. I due ricercatori hanno avviato la mappatura del patrimonio esistente, il recupero degli inventari e delle ricognizioni esistenti, l’esplorazione degli archivi non ordinati e l’individuazione dei testimoni per le interviste. Contestualmente il materiale sarà digitalizzato con la definizione del portale web dedicato.
Il progetto di ricerca, che ha valenza triennale e si realizza grazie al contributo della Regione Emilia-Romagna, prevede anche la promozione di iniziative nei confronti di istituti scolastici e di organizzazioni democratiche, lo sviluppo di incontri pubblici per la divulgazione della memoria storica della vicenda; inoltre, completato il portale, proseguirà l’opera di divulgazione rivolta soprattutto a istituti scolastici e organizzazioni democratiche: il progetto si concluderà con una presentazione dei contenuti e risultati e la rendicontazione del lavoro svolto.
Del Comitato scientifico che supervisiona la ricerca fanno parte Philp E. Cooke (Strathclyde University, Glasgow), Toni Rovatti (Università di Bologna), Mirco Carrattieri (Lre), Tommaso Cerusici (Camera del lavoro Reggio Emilia), Andrea Canova (Comune di Reggio Emilia), Massimo Storchi (Istoreco-coordinatore).
L’intervento del sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi in occasione del 63° anniversario dei Martiri del 7 Luglio 1960
Lauro Farioli era operaio, aveva 22 anni, orfano di padre, sposato e padre di un bambino;
Ovidio Faranchi era un operaio di 19 anni, il più giovane dei caduti;
Marino Serri era un operaio di 41 anni, ex partigiano, sposato e padre di due bambini;
Afro Tondelli era un operaio di 36 anni, ex partigiano e quinto di otto fratelli;
Emilio Reverderi era un operaio di 39 anni, ex partigiano, spostato, con due figli.
Noi siamo qui oggi per loro, per i morti di Reggio Emilia.
Furono sparati 182 colpi di mitra; 14 di moschetto; 39 di pistola.
Scrisse e cantò Fausto Amodei:
"Dovremo tutti quanti aver d'ora in avanti.
Voialtri al nostro fianco per non sentirci soli".
Permettetemi un saluto speciale e un ringraziamento a Lucia Annunciata, una delle personalità intellettuali più autorevoli del nostro Paese, che abbiamo voluto qui con noi oggi non soltanto per il suo importante contributo, ma anche perché da Reggio Emilia vogliamo ribadire che la democrazia non farà mai passi avanti, se pensa di spegnere o di mettere da parte ogni forma di pensiero critico, e se l’informazione pubblica rimarrà solo e soltanto ciò che è disponibile ad essere pienamente allineato al governo di turno.
I fatti di Reggio Emilia furono l’apice di un periodo di grande tensione nella storia democratica e repubblicana del nostro Paese. Erano giorni di manifestazioni, di scontri, che muovevano dalla nascita del governo Tambroni, dall’ingresso nell’area di governo del Movimento sociale italiano, dall’autorizzazione che il governo diede di celebrare a Genova, punto di riferimento dell’antifascismo, il congresso del Movimento sociale. Anche a Genova, come in altre parti del Paese, si scatenarono manifestazioni, mobilitazioni. Tra coloro che in quel contesto genovese guidavano quelle manifestazioni, c’era un deputato socialista, che sarebbe diventato uno dei più importanti e amati presidenti della Repubblica italiana, Sandro Pertini.
Venne data dal governo l’autorizzazione a fare fuoco in situazioni d’emergenza. Ciò non può passare inosservato, in una lettura storica e politica di queste vicende. Ci sono diversi significati, per cui ogni anno siamo qui in tanti a ritrovarci e celebrare e riflettere sul senso storico e politico, anche attuale, del 7 Luglio 1960.
Una considerazione va fatta a proposito della relazione che venne a crearsi tra due generazioni di giovani: da una parte quei giovani già quarantenni che avevano fatto la Resistenza contribuendo a liberare il Paese, dall’altra quella generazione di giovani diciottenni, ventenni, per lo più operai. Erano in quell’Italia che aveva alle spalle gli anni della miseria e davanti l’arrivo del boom economico. Era l’Italia che 12 anni prima aveva legittimato la Costituzione, ma era l’Italia in cui ancora un governo autorizzava a sparare in caso di emergenza.
In quella relazione tra due generazioni di giovani c’è tanto del significato profondo, del cammino faticoso e doloroso della democrazia. In quella richiesta, rivendicazione che quei giovani portavano al Paese, di maggiori diritti, libertà, eguaglianza, qualità del lavoro, in definitiva di migliore qualità della vita.
Quel passaggio cruciale del 7 Luglio deve poi riconsegnarci l’aspetto della fragilità delle istituzioni, del percorso democratico e repubblicano di un Paese. Certo lo si vede nel 7 Luglio. Ma lo si può vedere anche in tanti altri frangenti oscuri: gli anni del terrorismo, dello stragismo, dell’esplosione delle bombe nelle piazze come piazza Fontana, nelle stazioni come a Bologna; negli anni di Ustica; negli anni in cui Cosa nostra diede attacco al cuore dello Stato con le stragi di Capaci, via D’Amelio e le altre stragi nelle città italiane.
Ci sono sempre - in questi grandi frangenti di fragilità del cammino istituzionale, democratico e repubblicano - alcuni denominatori comuni che ritornano: da una parte i cittadini, il popolo, nelle proprie forme di libera manifestazione e partecipazione democratica, nelle organizzazioni politiche e sindacali, c’è il meglio delle energie civili e istituzionali che si trovano anche negli apparati dello Stato, nelle forze dell’ordine, nella magistratura; dall’altra la naturale convergenza tra ambienti criminali e ambienti deviati, che mirano allo stesso obiettivo: colpire al cuore la democrazia.
Questo significato, che ritorna anche nella lettura delle vicende del 7 Luglio e cioè che il tema dell’eversione, è sempre dietro l’angolo nelle democrazie.
La democrazia non è un pranzo di gala, non è una passeggiata, è qualcosa che nasce nella fatica, nello sforzo, anche nel sacrificio quotidiano.
Poi, il tema del conflitto politico e sociale nelle forme più genuine, che quel 7 Luglio erano le forme di uno sciopero per chiedere più diritti, lavoro, qualità della vita. In quel conflitto, in quella contrapposizione di interessi, c’è la dialettica quotidiana tra istanze di cambiamento e di progresso e istanze di conservazione, tra istanze democratiche e antidemocratiche.
E’ la lunga marcia dei diritti, in tutte le democrazie del mondo. I diritti non piovono dal cielo, sono frutto di mobilitazione, di impegno, di conquiste, quando necessario di conflitto politico e sociale. E’ così nella storia dei diritti civili, dei diritti umani, dei diritti di cittadinanza, dei diritti sociali che hanno poi ispirato il welfare e le migliori politiche pubbliche del Novecento.
Questo accadde anche il 7 Luglio 1960, perché quel giorno lo Stato sparò ai propri figli, lo Stato decise di sparare a se stesso. Lì c’è tutto il senso profondo di quel giorno di rottura, un giorno drammatico. Lì c’è la consapevolezza che dobbiamo avere, come reggiani e italiani, che quel passaggio del 7 Luglio 1960 fu un crocevia della storia repubblicana del Paese.
Da lì a qualche giorno cadde il governo Tambroni, si misero le basi di quella che fu una nuova stagione politica, democratica, di riforme, di conquiste, di allargamento degli spazi della vita civile e democratica.
E questo ci porta ad una considerazione conclusiva, che è il rapporto tra sacrificio e democrazia: la storia repubblicana e democratica, ahimè, è dovuta passare per il sacrificio di donne e uomini delle istituzioni, della magistratura, della politica, del sindacato, di preti, di operai o semplicemente di cittadini che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato; ma quel sacrificio diventa il crocevia di una svolta, di una rottura, di un nuovo inizio. In questo c’è il senso della fragilità da un lato, e dall’altro della forza e della profondità del valore della democrazia, insita nel valore del suo popolo, delle sue persone, dei cittadini.
Il 7 Luglio 1960 ha nel tempo progressivamente consolidato una verità storica e politica. Ogni tanto qualcuno, in modo un po’ residuale e insignificante, continua a recuperare la narrazione che fu il sindacato, con uno sciopero convocato, a provocare gli scontri.
Vorrei dire sommessamente che quella chiave di lettura non è mai passata a Reggio Emilia e non passerà mai in questo Paese.
Non c’è verità politica e storica, non c’è ragion di Stato, che possa lenire il dolore di quei famigliari, amici e cittadini che in quei giorni persero un loro caro, pagando un prezzo privato, ma al tempo stesso pubblico, per la democrazia e la Repubblica.
Questo è il mio decimo anno, quale sindaco, di celebrazione della giornata del 7 Luglio. In questi anni abbiamo fatto un lavoro importante sulla Memoria e desidero ringraziare i tanti attori che vi hanno contribuito. La Memoria non viene avanti da sola, con un percorso inerziale. La Memoria è innanzitutto una scelta di responsabilità, personale e collettiva. La Memoria è ciò che resta dopo la morte, lascia significati, valori, ricordo, profondità. Abbiamo perciò fatto un lavoro intenso sul 7 Luglio, perché la spinta della Memoria non si esaurisse. Devo dunque ringraziare la Cgil che ha promosso una importante mostra sul 7 Luglio; la Regione Emilia-Romagna e altri attori che con il Comune hanno iniziato un percorso di recupero scientifico del materiale storico documentale per costruire un Centro di documentazione digitalizzato sul 7 Luglio.
Teniamo presente anche in futuro questo percorso fatto insieme. Perché una città è fatta di infrastrutture, progetti, eventi, servizi, ma una città cammina ogni giorno e avanza nel tempo sulle gambe delle sue persone e sulla gerarchia di valori che sta nella testa dei suoi cittadini.
Teniamolo presente, perché il 7 Luglio è parte fondamentale del calendario civile e dell’identità di questa comunità e più in generale della comunità democratica del nostro Paese.
Viva i Ragazzi con le Magliette a strisce, viva Reggio Emilia”.
Ultimo aggiornamento: 29-02-2024, 12:50