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La Saba Reggiana e la Chizza Reggiana di pasta sfoglia hanno ottenuto la certificazione DeCo - Denominazione comunale d’origine, andando così ad aggiungersi al Cappelletto Reggiano nel novero dei prodotti del territorio che possono fregiarsi di questa denominazione.
La DeCo lega un prodotto enogastronomico al proprio territorio d’origine, riconoscendone la storicità e la tipicità. Come avvenuto per il Cappelletto, la Commissione tecnica deputata al conferimento del marchio si è occupata di Saba e Chizza a seguito delle segnalazioni pervenute rispettivamente dall’Accademia dell’Aceto Balsamico Tradizionale Terre di Canossa e dalla Delegazione reggiana dell'Accademia Italiana della Cucina. Il lavoro di indagine e ricerca della Commissione, insieme alla consulenza di diversi esperti, ha confermato la tipicità dei due prodotti e permesso la stesura dei Disciplinari di riferimento.
Questi documenti, come prevede il Regolamento del percorso di conferimento del marchio, sono stati approvati dall’Amministrazione comunale e inseriti nel Registro DeCo comunale, divenendo punto di riferimento per i ristoratori e le aziende produttrici che vorranno fregiarsi del marchio sulle proprie confezioni.
Per ottenere il marchio sarà necessario inviare i Disciplinari di produzione di Saba e Chizza alla stessa Commissione, che procederà ad esaminarli giudicando l’aderenza di ogni singola ricetta al Disciplinare di riferimento.
È sempre possibile inviare richieste per altri prodotti e ricette della tradizione reggiana, in modo da sottoporre anch’essi all’attenzione della Commissione per valutare l’attribuzione del marchio. Chiunque può proporre una specialità e ogni segnalazione verrà verificata dalla Commissione.
Sul sito istituzionale del Comune è possibile trovare tutte le informazioni e i contatti relativi al marchio DeCo di Reggio Emilia, compresa la modulistica e uno schema che illustra nel dettaglio come preparare il disciplinare di produzione. Tale documentazione che servirà sia per avanzare la richiesta del marchio DeCo, sia per sottoporre all’attenzione della Commissione altre eccellenze enogastronomiche del territorio.
Per info: De.C.O. (Denominazione Comunale di Origine)
Saba e chizza nella storia reggiana
Nel Vocabolario Reggiano-Italiano di Giovanni Battista Ferrari del 1832 si trova la definizione di Saba: “Mosto cotto e alquanto condensato nel bollire che serve per condimento”. Il nome deriva dal termine latino “sàpor” (sapore) dal quale si formò la voce dialettale “saba”, che stava a significare più genericamente “succo di frutta”. Il mosto d’uva deve derivare da particolari vitigni autoctoni in modo tale che, una volta cotto, risulti di colore dall’ambrato al rosso, con note olfattive e aromatiche intense, estremamente dolce e vellutato al palato. La Saba che viene prodotta in provincia di Reggio Emilia segue un’antica e secolare tradizione che prevede l’impiego di uve provenienti dai vigneti composti in tutto o in parte dai seguenti vitigni: Lambrusco (tutte le varietà e cloni), Ancellotta, Trebbiano (tutte le qualità e cloni), Sauvignon, Sgavetta, Berzemino, Occhio di Gatta e dalle uve dei vitigni iscritti alle Doc in provincia di Reggio Emilia. Tra questi vitigni, l’uva di Ancellotta, vitigno ampiamente diffuso nel territorio emiliano, è quella maggiormente impiegata per la produzione della Saba reggiana per le sue caratteristiche di scarsa acidità fissa ed elevato grado zuccherino. La Saba è un prodotto a lunga conservazione e viene utilizzata nella preparazione di dolci, bibite e, un tempo, anche quale fonte zuccherina per eccellenza che sostituiva il miele e lo zucchero di canna quando ancora non era disponibile.
La Chizza è un prodotto del tutto reggiano, nato dall’estro di un pasticcere ebreo, Federico Sacerdoti detto Salamein, che aveva il suo laboratorio e forno in via dell’Aquila, una delle strade dell’antico Ghetto di Reggio Emilia.
Il prodotto rispondeva alla esigenza di mangiare gradevolmente un cibo che evocasse un poco lo gnocco fritto ripieno, ma di pasta sfoglia e cotto al forno, e che per essere confezionato non abbisognasse di utilizzo di grassi animali vietati dalla religione ebraica.
La Chizza, nella sua friabilità e croccanza, permetteva di offrire al palato e all’occhio una soluzione intelligente ad un problema complesso. La Chizza, quindi, per sua natura è un prodotto da forno.
Da rimarcare che la Chizza al forno è propria ed esclusiva della città di Reggio Emilia. Più ci si allontana dal centro cittadino più la presenza della Chizza come prodotto locale scompare.
E’ documentato al 1909 l’apprezzamento incondizionato di Edward K. Glayword presidente della ‘British Agricoltural and Industrial Company’, che, dopo una visita e un pranzo sopraffino a Reggio Emilia, scrisse le lodi della Chizza reggiana in un articolo sulla prestigiosa Revue Internationale Gastronomique, dando al prodotto fama internazionale.
Le diverse azioni di riconoscimento DeCo si aggiungono al supporto alla richiesta dell’Igp per l’Erbazzone Reggiano e alla candidatura dell’Aceto Balsamico Tradizionale al patrimonio Unesco.
Ultimo aggiornamento: 15-05-2024, 13:10