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Oggi siamo a ricordare insieme quella giornata drammatica dell’ 8 settembre 1943, così straordinaria nella sua tragicità che il modo di dire "8 settembre" è entrato nella lingua quotidiana come sinonimo di disastro, caos e tradimento.
Questo evento non segnò solo la fine ufficiale delle ostilità tra l'Italia e gli alleati, ma anche il crollo delle istituzioni statali italiane, la fuga del re Vittorio Emanuele III e del governo Badoglio, e l'inizio di un'occupazione tedesca feroce nel nord e centro Italia.
Gli italiani, in quel giorno, si trovarono improvvisamente senza una guida, sia civile che militare, costretti a fare le scelte più difficili in un contesto di totale disorientamento.
Come sottolineò Cesare Pavese "L'otto settembre è stato il giorno in cui ci siamo svegliati senza più patria, senza più un destino comune, solo con la consapevolezza amara di essere soli."
In una Italia divisa in due (gli alleati stavano risalendo dal sud e il giorno successivo sbarcarono a Salerno) e le istituzioni monarchiche dissolte in una fuga al limite del grottesco, l’annuncio radiofonico di quella serata chiudeva quei 45 giorni, dopo la caduta del fascismo, in cui il paese era rimasto come sospeso. Ancora in guerra, con le trattative di pace in corso senza più il regime e con lo stato monarchico che non aveva esitato ad uccidere (come alle “reggiane” il 28 luglio) chi chiedeva solo di finire quella guerra che ci aveva visti sconfitti su tutti i fronti, le nostre città bombardate e la morte di centinaia di migliaia di nostri ragazzi mandati a morire in guerre di aggressione nei Balcani, Russia, Africa.
In quei 45 giorni l’Italia, diventata fronte di guerra, assisteva all’arrivo delle truppe naziste, formalmente ancora alleate, che avevano occupato silenziosamente l’intero paese, pronte all’ora dell’attacco.
Anche a Reggio da Agosto si era schierata la divisione corazzata “SS leibstandarte Adolf Hitler” ed i reggiani avevano avuto occasione di vederla sfilare qualche giorno prima per le strade cittadine, l’alleato pronto a farsi nemico, implacabile e deciso.
Dopo l’annuncio del generale Badoglio, in poche ore tutto ebbe inizio e fine.
Nella notte i nazisti puntarono ai loro obiettivi, i carri armati schierati davanti la prefettura, la caserma zucchi, la cialdini, all’aeroporto.
Forza e decisione di fronte ad un esercito abbandonato a sé stesso, che aveva saputo dell’armistizio solo dalla radio, mentre i comandi inseguivano i comandi per avere una risposta, un “che fare?”.
Non venne nessuna risposta, come sappiamo, e i militari che tentarono una minima resistenza furono subito spazzati via: ricordiamo ad esempio il tragico eccidio di Cefalonia
A Reggio caddero il bersagliere Favero in prefettura, gli artiglieri Giannone, Bertoni e Giannotti alla Caserma Zucchi, e l’aviere Mario Pirozzi all’aeroporto.
Ragazzi di leva, di Treviso, Palermo, Forli, Pesaro e Napoli, come a segnalare che in quelle ore si stava realizzando una tragedia nazionale che non avrebbe risparmiato nessuna parte del paese.
Già nella giornata del 9 settembre Reggio era sotto il controllo nazista e le caserme si riempivano di militari e sbandati che sarebbero stati avviati in poche settimane alla deportazione, destinati a diventare i.m.i (internati militari italiani) senza neppure il riconoscimento di prigionieri di guerra. Furono, quelle, ore di solitudine, di disgregazione, come ricordava Cesare Pavese.
Per i tanti militari, in Italia e all’estero, “Tutti a casa” era stato l’unico grido possibile e condiviso, ma lentamente, dopo il trauma collettivo, si capì che c’erano altre strade, difficili e dolorose, ma possibili, per uscire da quella oscurità, quella solitudine, quella disgregazione. Il contributo dei militari italiani alla lotta partigiana fu fondamentale: fin da subito alcuni ufficiali e soldati fedeli al re decisero di organizzare unita’ combattenti contro i tedeschi. queste piccole e sparse unita’ si unirono poi alle formazioni partigiane, portando esperienza e addestramento militare e unendo cosi’ le forze nella lotta contro il nazifascismo
Molti soldati italiani che si unirono alla resistenza furono catturati, torturati e uccisi dai nazifascisti. Le prime azioni di soccorso e resistenza furono quelle delle donne, che aiutarono, nascondendo, rivestendo, ospitando quei ragazzi sbandati, come fossero fratelli, figli, mariti, in fuga dalla cattura dei tedeschi.
Prime azioni che sarebbero state l’anticipazione del grande contributo femminile alla lotta di liberazione.
Tornando alla nostra citta’ anche la politica riuscì a reagire al disastro: già il 9 settembre a Reggio, quello che sarebbe stato poi il sindaco della liberazione e della ricostruzione, il comunista Cesare Campioli, incontrava Vittorio Pellizzi (il futuro prefetto del 25 aprile) del partito d’azione e il socialista Ferrari per avviare quel percorso che avrebbe visto il 28 settembre, nella canonica di S.Francesco in città, la nascita del CLN provinciale, quel comitato di liberazione che avrebbe raccolto tutti i partiti antifascisti per guidare per 20 mesi la lotta di liberazione contro i nazisti occupanti ed i fascisti ritornati al loro servizio, scatenando in questo modo la guerra civile, la più feroce dei conflitti armati.
L’8 settembre resta nella memoria collettiva come il giorno dello smarrimento, della solitudine ma fu anche il momento in cui emerse, dopo anni di silenzio e di repressione, tutta la forza di una comunità, come quella di Reggio. La popolazione si organizzò per sopravvivere e combattere, dimostrando una straordinaria capacità di resistenza e solidarietà.
Il coraggio dimostrato dai reggiani in quei giorni tragici e nei venti mesi successivi, testimoniato dalla medaglia d’oro sul gonfalone cittadino, rimane ancora oggi per noi un esempio di impegno per la libertà e la dignità umana, una conferma della necessità di operare sempre insieme, per il bene comune, anche nei momenti più difficili del nostro paese e della nostra comunità.
Marco Massari
Sindaco di Reggio Emilia
Ultimo aggiornamento: 09-09-2024, 10:47